San Patrignano. Un mondo che si fa chiamare semplicemente comunità.

L’umanità esiste ancora. Si legge sempre di odio, violenza, persone che si fanno esplodere e chi si uccide a coltellate. Ma ci sono luoghi in cui il dolore che si è provato e le proprie debolezze, diventano la forza su cui costuire la propria nuova vita. Con uno sforzo e un’immensa fatica, ma con successo e acquisendo una sensibilità che gran parte del resto del mondo non ha nemmeno idea che esista.

Oggi ero qui. Grazie a Lui che ha fatto loro il mio nome e a cui appena uscita ho scitto un messaggio, per ringraziarlo: “…perchè luoghi come questi non sono solo da supportare, ma sono quei posti in cui vieni per “dare qualcosa” e in realtà ricevi in cambio anche molto di più.” Cosa mi ha risposto? Che sono straordinaria. Si, quasi svenivo.

Oggi ho conosciuto persone che non hanno problemi a raccontarti di aver toccato il fondo, anzi, di averlo anche raschiato e oltrepassato e lo fanno perchè ora sanno che è un passato che si sono lasciati alle spalle. Perchè se sono qui dentro, o se hanno fatto in passato il perscorso e hanno deciso di restarem hanno scelto di cambiare. In un sentiero lungo quattro anni. E complicato. “Dove il primo anno vorresti scappare, ma adesso, superato il secondo, ti rendi conto che sei diverso, che hai scoperto i valori come il rispetto, l’amicizia, il prendersi cura di qualcun altro, il capirsi, il sostenersi e l’avere delle regole. Hai scoperto che esiste un mondo che non conoscevi. Che lavorare nel forno ti piace, che la strada è lunga ma vale la pena affrontarla”.

All’interno ci sono 1500 ragazzie 26 aziende. Tanti ettari, tante iniziative. Tante persone che ci credono e ci hanno creduto.

E diciamoci la verità, siamo tutti dipendenti da qualcosa. Quel qualcosa che è una sorta di valvola di sfogo a di cui non riusciamo a fare a meno. Solo che certe dipendenze sono più gravi di altre. Certe ti portano con sè in un baratro. Certe riesci a gestirle. Certe altre sono altrettanto pensanti ma magari hai trovato un modo per sconfiggerle e sfogare quest’entropia in modo più costruttivo.

Io non mi sento così distante da quei ragazzi. Ho fatto un percorso diverso, era una situazione diversa, ma so cosa significhi. E sarà per questo che a sentire le loro storie quasi mi veniva da piangere. Non per tristezza, tantomeno per compassione, ma per empatia, per quell’emotività che senti aleggiare nell’aria e posarti sulla pelle, come se attraversassi una nuvola.

Ah, ho assaggiato uno dei dessert di Vite, lo Snikers scomposto. Buonissimo.

E la stirata di Sp.accio. Le uniche due foto che ho fatto, insieme a quella della cantina, un luogo che profuma di legno e fermentazione, silenzioso, quasi aulico, bellisimo.

Facebooktwitterlinkedin