Degustando i dessert di Fabrizio Fiorani (al Bulgari di Tokyo)

Giornata di pioggia a catinelle, impossibile camminare dieci metri senza ritrovarsi completamente zuppi. Ma Tokyo ha mille risorse e per tutta la mattinata ci siamo rintanati nella libreria Tsutaya books (vicino la fermata Daikan-yama): tre piani di edificio, con ogni libro possibile e immaginabile, non solo in giapponese, che potete scegliere di sfogliare mentre sorseggiate un cappuccino di Starbucks seduti ai tavolini o stravaccati sui divanetti. Poi, se volete, potete ovviamente anche acquistarlo.

Alle 16.30 avevamo appuntamento da Bulgari, a Ginza, con Fabrizio Fiorani. Lui è una di quelle persone che incontri nel cammino e per caso, con cui inizi a parlare per un interesse comune come l’aerografia, e poi scopri di averne molti altri e come dire, inizi a condividere idee e pensieri anche a distanza di un continente. Quindi, appena ho saputo che sarei venuta in Giappone per lavoro appiccicandoci le vacanze, abbiamo fatto in modo di organizzarci per riuscire a vederci. Nella mia testa però nulla immaginavo come l’esperienza di oggi.

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Ci ha accolto come a casa e ci ha portato nello chef table, ossia quel meraviglioso piccolo antro davanti alla cucina, un tavolino riservato e decisamente d’elite.

E poi è iniziata la degustazione, in un misto di imbarazzo ed estasi perchè cose del genere non capitano tutti i giorni. Non a me almeno…

Il primo dessert è stato assolutamente il mio preferito. Per la poca dolcezza. Per i colori e per i due ingredienti cardine: Cocco e lampone. Molto fresco e leggero, con bellissimi giochi di consistenze.

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Il secondo riuniva sapori se vogliamo più famigliari per noi italiani, come la nocciola, il pistacchio e la mandorla, con tre consistenze differenti e donandogli quella nota particolare grazie all’ifusione di fiori di sambuco.

Il terzo dessert era fresco come l’estate, come l’ingrediente protagonista: l’anguria. Una dadolata abbracciata da una namelaka al cioccolato bianco e lime, sorbetto e granita di anguria.

Il quarto è semplicemente geniale. Ed è la prima “1000 foglie” che mi lascia a bocca aperta. Il protagonista è il caffè, e per la precisione due caffè differenti secondo la preparazione per cui sono impiegati, declinati in gelato e in meringa, che giocano con il caramelia e con l’amaro del gruè. Me lo sarei portato via così, perchè rovinarlo era veramente un delitto.

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E poi c’era il “dopodessert”. Una fetta di cocco che in realtà era una mousse ghiacciata, servita in una mis en place che da sola valeva la degustazione.

Poi abbiamo fatto un giro della struttura. Tutto il palazzo è di Bulgari e gli ultimi tre piani sono dedicati alla ristorazione. Oltre al ristornate, i cui due lampadari sono belli da spezzare il fiato con un’atmosfera emozionante, c’è il “bar”, con un corner anche dedicato al cioccolato e un altro a salottino per la degustazione di bottiglie che i clienti acquistano e poi vengono, quando lo desiderano, a sorseggiare. L’ultimo piano è invece la terrazza, dove un angolo è allestito anche con erba finta per chi vuole viversi un pic nic anzichè un pranzo al tavolo…

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Semplicemente senza parole.

E prima di andar via mi consegna un sacchettino dicendomi: “guarda che non c’è un oroglogio, sono solo cioccolatini. Anche se puoi far finta che lo sia finchè non lo apri.”

E tra me e me, in realtà, in quel momento penso che dell’orologio non me ne sarei fatta nulla, e nemmeno li porto, mentre i cioccolatini, anche se mi spiacerà mangiarl da quanto sono belli, racchiudono l’amore per quello che fa, la ricerca e la fantasia. E anche se il valore economico è inferiore, per me quello emotivo e di ciò che rappresentano è mille anni luce oltre.

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